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28 Aprile 2016 – E fu sera e fu mattina

Il buon Antonio ci prepara il caffè e ci saluta dal suo molo alla partenza del nono giorno. Bella persona, anche lui. In bocca al lupo, anzi, al siluro, per tutto, e buona vita! Il Fiume è divenuto lento e pigro, e quando sei lì in mezzo ti sembra d’esser fermo anche se stai dando tutto quello che hai. Meglio spostarsi verso riva. Per lo meno riesci a percepire il movimento e dai un senso alla tua fatica.

La nostra amica Federica Bertoli, rimasta virtuale poiché non siamo riusciti ad incontrarla dal vivo, ci manda un paio di foto che ci scatta dalla riva. Carinissima, lei, a cercare in qualche modo di intercettarci. E ancora l’airone cenerino. Sembra incredibile. E, verosimilmente, non sarà neppure lo stesso airone. Ma ci piace crederlo. Siamo in una fase delicata del viaggio. 9 giorni su 11, da “sembrare fatta” quando ancora, di fatto, non c’è nulla o quasi. Le famiglie sono a casa da giorni, ormai, senza di noi. Ma, affetti a parte, ci rendiamo conto pian piano che non ci manca nulla.

Il vento continua a soffiare implacabile da Est, rendendoci la navigazione più difficoltosa del previsto. Quando il Fiume viaggia a 1 km/h, e il vento contrario soffia a 20 km/h, se tiri i remi in barca torni a Torino.

Giornata da altri 51 chilometri, oggi. Mica da ridere. E pranzo da inventare da qualche parte. Anzi, questo diventa il giorno della pausa pranzo-senza-pranzo. Così sia. Un po’ di parmigiano, qualche biscotto, insomma… giusto per non morire di fame. E natura. Una breve sosta su una chiatta abbandonata, in secca, in una piccola meravigliosa ansa del Fiume. Un po’ di sole per asciugarci, e si riparte dopo aver condiviso un po’ di graditissimo malto liquido.

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Ciak-ciak… Ciak-ciak

Dopo qualche ora, un piccolo campanile in lontananza ci anticipa la presenza di un centro abitato. Buon momento per scendere un pochino dall’imbarcazione. Ma prima bisogna imparare a quantificare la “lontananza” di cui sopra. Si, perché, quando sei sul Fiume e parli di “laggiù”, vuol dire “tra un’ora”. E il “ci siamo quasi” vuol dire “chilometri”. Nulla di grave, anzi. Ma è bene tenerlo sempre presente.

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Al nostro arrivo al molo di Felonica (MN), il Vicesindaco Vittorino Malagò ci stringe la mano e fa da apripista sulla passerella affollata di uomini del Fiume, indicandoci la via per un punto di ristoro. Cafoni, noi, che non abbiamo neppure risposto alla sua mail in cui si rendeva disponibile. Due passi in paese, per sgranchirci un po’ le gambe. Le persone ci osservano divertite, e al nostro passaggio li senti chiacchierare tra loro “li vedi quei due? Vengono da Torino, in canoa! Vaccaboia!”. E noi, con il sorriso stampato in faccia, gongoliamo un pochino.

Un ottimo toast che è quasi una merenda sinoira, birretta, gelato. Quattro chiacchiere con la proprietaria del chiosco, e foto di rito. Si torna al molo.

Ridi

Io, come Dio, non gioco a dadi, e non credo alle coincidenze” ecco, appunto. Perché quando stai realizzando un progetto umanitario per i bimbi Senegalesi di Renken, che in dialetto djola significa “RIDI”, e l’unica persona che incontri sul molo è Zap, umorista ed eclettico vignettista, qualche domanda te la fai… Grandioso, lui, che in pochi minuti realizza un simpatico disegno sul libro che di lì a poco ci regalerà. Il suo contributo alla nostra causa. Grazie, e buona vita!

Sandokan

Ancora 8 chilometri di Fiume, e sulla sponda sinistra, dopo il ponte di Ficarolo, una bordata di colori sfavillanti cattura la nostra attenzione. Eccoci giunti, finalmente, da Sandokan! Nel punto nevralgico in cui si incontrano Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, una perla, nella già meravigliosa vita fluviale.

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Ad un centinaio di metri di distanza c’è Cinzia che si sta occupando del prato, mentre le mani di Stefano si muovono sapienti nell’annodare la cima di una imbarcazione. In pochi minuti siamo da loro. Nemmeno il tempo di presentarci, e già ci sentiamo a casa. Su un tavolino vista Fiume un fresco bicchiere di vino bianco ci attende, accanto ad una terrina di ciccioli. Le luci calde del pomeriggio inoltrato fanno il resto. Ci spiegano il come ed il perché della loro scelta, e noi li guardiamo con un po’ di invidia gentilmente mascherata da ammirazione. Cinzia ci accompagna a visitare la loro meravigliosa struttura, sia a bordo della casa galleggiante, sia a riva.

E non faccio in tempo a dire a Stefano quanto mi piacerebbe fare un giretto sul Grande Fiume al tramonto, che siamo a bordo della sua imbarcazione. Avvia il motore truccato con la targhetta “20 cavalli”, che invece son chiaramente almeno “20 ghepardi”, e via a tutta birra verso la confluenza tra il Po ed il Panaro, ultimo affluente della sponda destra.

Lo risaliamo per qualche centinaio di metri, passando sotto alle reti delle bilance, e poi spegne il motore. Il silenzio è rotto solo dal rumore di una bottiglia che viene stappata, un po’ per piacere, un po’ per scaldarsi. E ci racconta di un momento magico, in Giugno, in cui le lucciole si ritrovano per l’accoppiamento, e questo tratto del Panaro è quasi illuminato a giorno. Che meraviglia anche solo immaginarlo!

Scende la sera

Torniamo verso Sandokan, dove Cinzia nel frattempo si è messa ai fornelli. Doccia. E poi a tavola. “Mangiamo quello che c’è”… queste le parole di Cinzia a telefono, il giorno prima. Primo, secondo, due contorni. E colomba. Stefano è un lupo solitario, di quelli che “vivi e lascia vivere”. Un altro uomo del Fiume. Piacevolissima la serata in sua compagnia, ascoltando i suoi racconti, mentre Cinzia purtroppo è costretta ad abbandonarci in favore di una riunione.

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Ancora qualche parola, poi Stefano prepara i giacigli. Giuseppe, al solito, si addormenta 12 secondi netti dopo aver pronunciato la parola “buonanotte”. Invidia.

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